Servono aumenti salariali, l’inflazione non salirà

14 Feb 2023

Gli effetti della leva economica europea non devono essere dati per scontati. Non dimentichiamo che la stessa Bce ha ammesso che la grande inflazione che stiamo vivendo è causata anche dai grandi extraprofitti delle multinazionali.

Alzare i tassi di interesse non servirà a far diminuire i prezzi; si ripercuoterà solo sui ceti che sono già più in difficoltà scoraggiando, invece, gli investimenti reclamati a gran voce, soprattutto in Europa.

Di seguito l’intervista completa di oggi su Il Giornale.

𝐈𝐥 𝐠𝐨𝐯𝐞𝐫𝐧𝐚𝐭𝐨𝐫𝐞 𝐝𝐢 𝐁𝐚𝐧𝐤𝐢𝐭𝐚𝐥𝐢𝐚 𝐈𝐠𝐧𝐚𝐳𝐢𝐨 𝐕𝐢𝐬𝐜𝐨 𝐡𝐚 𝐫𝐢𝐛𝐚𝐝𝐢𝐭𝐨 𝐢𝐥 𝐬𝐮𝐨 𝐩𝐞𝐧𝐬𝐢𝐞𝐫𝐨 𝐬𝐮𝐥 𝐫𝐢𝐬𝐜𝐡𝐢𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐬𝐩𝐢𝐫𝐚𝐥𝐞 𝐩𝐫𝐞𝐳𝐳𝐢-𝐬𝐚𝐥𝐚𝐫𝐢. 𝐕𝐞𝐧𝐭𝐢𝐥𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐚𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐢𝐥 𝐩𝐞𝐫𝐢𝐜𝐨𝐥𝐨 𝐜𝐡𝐞, 𝐝𝐢 𝐟𝐫𝐨𝐧𝐭𝐞 𝐚 𝐮𝐧’𝐢𝐧𝐟𝐥𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐫𝐞𝐬𝐢𝐬𝐭𝐞𝐧𝐭𝐞, 𝐥𝐚 𝐁𝐚𝐧𝐜𝐚 𝐜𝐞𝐧𝐭𝐫𝐚𝐥𝐞 𝐞𝐮𝐫𝐨𝐩𝐞𝐚 𝐫𝐞𝐚𝐠𝐢𝐬𝐜𝐚 𝐜𝐨𝐧 𝐮𝐥𝐭𝐞𝐫𝐢𝐨𝐫𝐢 𝐬𝐭𝐫𝐞𝐭𝐭𝐞 𝐦𝐨𝐧𝐞𝐭𝐚𝐫𝐢𝐞. 𝐂𝐡𝐢𝐞𝐝𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐚 𝐏𝐢𝐞𝐫𝐩𝐚𝐨𝐥𝐨 𝐁𝐨𝐦𝐛𝐚𝐫𝐝𝐢𝐞𝐫𝐢, 𝐬𝐞𝐠𝐫𝐞𝐭𝐚𝐫𝐢𝐨 𝐧𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐔𝐢𝐥: 𝐜𝐨𝐦𝐞 𝐥𝐚 𝐩𝐫𝐞𝐧𝐝𝐨𝐧𝐨 𝐢 𝐬𝐢𝐧𝐝𝐚𝐜𝐚𝐭𝐢?

«Forse gli effetti della leva monetaria in Europa non sono così scontati. Il premio Nobel loseph Stiglitz, ad esempio, ha criticato le politiche delle banche centrali sostenendo che, data la natura anomala dell’inflazione, l’innalzamento dei tassi di interesse non avrà effetto e non contribuirà a far diminuire i prezzi. Noi, insieme con il sindacato europeo, condividiamo questa opinione, tanto più che tale scelta non solo si scarica sui ceti meno abbienti, ma scoraggia gli investimenti, proprio mentre molti decisori politici, soprattutto europei, li reclamano a viva voce. Peraltro, la stessa Bce ha riconosciuto che l’inflazione è causata anche dagli extraprofitti generati da molte aziende».

𝐀𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐥𝐚 𝐫𝐞𝐥𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐭𝐫𝐚 𝐬𝐚𝐥𝐚𝐫𝐢 𝐞 𝐩𝐫𝐞𝐳𝐳𝐢 𝐭𝐞𝐦𝐮𝐭𝐚 𝐝𝐚 𝐕𝐢𝐬𝐜𝐨 𝐡𝐚 𝐫𝐚𝐝𝐢𝐜𝐢 𝐥𝐨𝐧𝐭𝐚𝐧𝐞 𝐧𝐞𝐥 𝐭𝐞𝐦𝐩𝐨. 𝐌𝐚 𝐞̀ 𝐚𝐧𝐜𝐨𝐫𝐚 𝐯𝐚𝐥𝐢𝐝𝐚 𝐢𝐧 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐨 𝐦𝐨𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐬𝐭𝐨𝐫𝐢𝐜𝐨?

«Lo scorso mese di novembre il Fondo Monetario Internazionale ha pubblicato uno studio sulla spirale salari-inflazione (“Wage-Price Spirals: What is the Historical Evidence”) e ha dimostrato che un aumento dei salari nominali non conduce necessariamente a un aumento dell’inflazione. Mentre Olivier Blanchard, keynesiano tra i principali economisti al mondo ed ex direttore dell’Fmi, ha recentemente sostenuto che quella dell’inazione è anche una questione politica, sociale e di redistribuzione. Quindi non può essere lasciata alla totale discrezione delle banche centrali, ma richiede anche interventi di politica fiscale, a partire dalla tassazione degli extraprofitti e dai sussidi ai lavoratori per il caro energia. Dunque, in un contesto in cui i lavoratori italiani continuano a impoverirsi e a non arrivare alla fine del mese a causa di salari da fame, continuiamo a utilizzare i classici strumenti macroeconomici? Oppure proviamo ad andare oltre? Come recuperiamo il potere d’acquisto con un’inflazione che vale il 12 per cento?».

𝐂𝐨𝐬𝐚 𝐩𝐫𝐨𝐩𝐨𝐧𝐞?

«Da tempo chiediamo una svolta nelle politiche salariali, La contrattazione resta io strumento migliore su cui far leva, tant’è che, in gran parte d’Europa, grazie alla contrattazione, sono stati concessi aumenti a doppia cifra percentuale. In più, servono provvedimenti legislativi per la detassazione degli incrementi contrattuali di primo e di secondo livello e una sostanziosa riduzione del cuneo fiscale».

𝐄 𝐥𝐞𝐢 𝐜𝐫𝐞𝐝𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐨 𝐬𝐢𝐚 𝐩𝐨𝐥𝐢𝐭𝐢𝐜𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐞𝐝 𝐞𝐜𝐨𝐧𝐨𝐦𝐢𝐜𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐢𝐥 𝐦𝐨𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐩𝐢𝐮̀ 𝐠𝐢𝐮𝐬𝐭𝐨?

«La natura riformista del nostro sindacato ci fa valutare, senza preclusioni, il merito delle questioni. Lo sviluppo richiede logiche e soluzioni “espansive” e non “conservative”. Noi, quindi, rivendichiamo, con forza, gli aumenti salariali, non solo per motivi di giustizia sociale, ma perché così ne trarrà giovamento tutta l’economia».